La campagna ARCO era mirata a rintracciare, mediante un Rov (Remote operating vehicle), possibili scogliere coralline di Dendrophyllia cornigera (corallo giallo) che erano state segnalate dai pescatori e tipiche di profondità fra gli 80 e i 200 metri, dunque compatibili con la batimetria dell'area medio-adriatica.
Le registrazioni mediante il Side Scan Sonar dell'Urania hanno però sorprendentemente rivelato che le scogliere, contro ogni aspettativa, non erano rappresentate dal corallo giallo (presente in minima parte) ma al contrario da corallo bianco, soprattutto colonie arborescenti di Lophelia prolifera e Madrepora oculata, di cui esisteva qualche sporadica segnalazione soprattutto in acque croate. La presenza di vere e proprie scogliere nella zona del medio Adriatico è dunque giunta del tutto inattesa.
“Il corallo bianco rinvenuto è rappresentato da esemplari di notevoli dimensioni e spessore, perfettamente conservati ma non viventi, coperti da un sottilissimo velo di fango", continua Taviani, “Fino all'elaborazione dei dati possiamo solo ipotizzare le cause della morte dei coralli. E' probabile che questo tipo di scogliere prosperassero nel medio Adriatico alla fine dell'ultima età glaciale, circa 11-12000 anni fa, quando il livello marino era più basso, e che un repentino infangamento li abbia soffocati. A tutt'oggi, solo nei fiordi della Norvegia si rinvengono scogliere a Lophelia a modesta profondità.
Probabilmente la fase pluviale che seguì quella glaciale portò ad un aumento della portata di sedimento da parte dei fiumi appenninici, causando la torbidità delle acque e coprendo di sedimento i rilievi colonizzati dai coralli. In sostanza, questi ecosistemi corallini avrebbero risentito indirettamente di una fase passata di riscaldamento globale, ma bisognerà attendere le datazioni radiometriche per confermare o meno l'ipotesi".
La scoperta, di prioritaria importanza nella comprensione di alcuni tra i più complessi ecosistemi di profondità e sui fattori climatici che ne regolano l'esistenza, è stata possibile grazie ad un team d'eccezione composto da una ventina fra ricercatori, tecnici e studenti (quasi tutti giovani ‘precari') afferenti a Cnr, Ispra, università italiane (Bari, Bologna, Milano) e straniere (Marsiglia, Plymouth, Zagabria) e Robomar, affiancati dall'equipaggio della nave oceanografica Urania.
Roma, 12 gennaio 2009
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